Quando si parla dei Tarocchi come metodo divinatorio, bisognerebbe ricordarsi che, pur potendo utilizzare le carte quale base, è indispensabile fare appello all’intuizione della persona che le interroga, che deve essere dotata di una specie di sesto senso, della capacità di “vedere oltre” il loro significato estrinseco. Insomma queste carte servono ad esprimere ciò che ognuno porta dentro di se.
La facoltà di prevedere è legata anche al dono dell’intelligenza. Chi è alla ricerca di un analisi esauriente, del perchè o del motivo di ogni cosa, non può certo credere con facilità alla realtà di tale capacità. Un po’ di immaginazione è indispensabile per giungere alla comprensione del significato occulto delle carte.
Composizione dei Tarocchi
I tarocchi sono un mazzo di carte da gioco, generalmente composto da 78 carte (un mazzo di carte tradizionale a cui si aggiungono ventuno carte dette Trionfi e una carta singola detta Il Matto) utilizzate per giochi di presa.
Queste carte ci permettono di ottenere un’esauriente panorama non solo della vita passata, ma anche e soprattutto di quella futura, solo a patto di essere davvero in grado di decifrarne il senso favoloso e misterioso.
I primi usi documentati dei tarocchi come strumento per la cartomanzia risalgono al XVII secolo a Bologna, mentre è a partire dalla fine del XVIII secolo che i tarocchi furono associati alla cabala, all’occultismo e ad altre tradizioni mistiche, diventando la rappresentazione simbolica delle pratiche divinatorie.
Anche se rimane una prerogativa dei ceti più bassi, leggere il futuro tramite le carte è stata, per lungo tempo, una pratica molto in voga all’interno delle classi nobiliari.
Non richiedendo studi approfonditi e complessi calcoli divinatori, molto presto, leggere queste carte è diventata una pratica alla portata di tutti.
Oggigiorno questa pratica è estesa al mondo intero e le carte sono in vendita nei luoghi più disparati. La cosa certa è che i Tarocchi, in particolare i 22 Arcani Maggiori (21 Trionfi più Il Matto), sono strettamente correlati alla nostra vita quotidiana.
L’origine dei Tarocchi
L’origine della parola e quello delle stesse carte è oscuro. Alcuni esperti in materia affermano che il nome deriva dall’egizio, altri invece sostengono che si tratti dell’erronea evoluzione della parola tarotee, che indica il retro delle prime carte costituito da linee intrecciate trasversali di diversa lunghezza, disegno mantenuto anche sulle carte moderne.
Alcune carte antiche avevano una bordatura argentata, con una spirale di minuscoli punti che erano detti tares; anche questo può essere un motivo per cui le carte così decorate vennero dette in seguito Tarocchi.
La versione che conosciamo oggi arriva dal medioevo, questa è rimasta praticamente immutata nella sua struttura rimanendo, al tempo stesso, sempre attuale.
L’enigma irrisolto della genesi dei tarocchi non fa altro che acuire l’aura di mistero che li avvolge ed esistono ben tre teorie sulla loro nascita:
Le Origini
1 – XXII secolo a.C. in Egitto
Secondo questa teoria i tarocchi sono la diretta derivazione dei geroglifici del Libro di Thoth, questi rappresentano una sintesi della conoscenza e della religione Egizia. In sintesi, i tarocchi sono un alfabeto geroglifico e numerale, riservato in origine ai soli sommi sacerdoti, che esprime il sapere universale originario, da cui si sono poi sviluppate le varie culture e religioni.
2 – XI secolo a.C. in Cina
I tarocchi presentano diverse analogie con lo I Ching, libro custode dell’antica saggezza cinese e risalente a più di 3000 anni fa. L’estrazione casuale dei 64 esagrammi dello I Ching è uno strumento tradizionale di divinazione.
Il fatto che siano invenzioni cinesi sia le carte da gioco che la carta e la stampa, rende plausibile che sia in Cina che vadano ricercate le primissime origini dei tarocchi.
3 – XV secolo d.C. in Italia
Altra ipotesi sulla genesi dei Tarocchi è quella che vede proprio nell’Italia la sua nascita e precisamente nel corso della prima metà del XV secolo presso la corte di Filippo Maria Visconti duca di Milano.
La testimonianza viene dai numerosi ritrovamenti di carte, alle molteplici citazioni nei registri e nei documenti di corte. Qui fu riscontrata, per la prima volta, la comparsa sulle carte del sistema di identificazione per semi tipicamente nostrano: bastoni, coppe, denari e spade.
Tipi di Tarocchi
I più conosciuti sono i tarocchi della Zingara, le carte napoletane ed infine i tarocchi Egiziani. Le carte vengono consultate per scoprire alcuni aspetti del futuro quali salute, denaro e amore.
Le donne si rivolgono ai cartomanti, nella maggior parte dei casi, per sapere se troveranno o meno il vero amore, a tal proposito, sono nati i Tarocchi dell’Amore.
Esiste anche una cartomanzia relativamente privata della sua funzione divinatoria, i Tarocchi di Osho, applicata solo ed esclusivamente alla ricerca interiore e ad un percorso di meditazione spirituale. In questo contesto non vanno dimenticati gli Oracoli.
I mazzi storici
I tarocchi del Mantegna
I tarocchi del Mantegna sono caratterizzati da due serie distinte di 50 incisioni risalenti al XV secolo, denominate serie “E” e serie “S”. Per diversi secoli sono state erroneamente attribuite ad Andrea Mantengna ma, in realtà, furono realizzate da due artisti della scuola ferrarese rimasti anonimi. Sulle due serie di carte vi ritroviamo raffigurati gli stessi soggetti, raggruppati tematicamente in cinque gruppi (le condizioni dell’uomo, Apollo e le muse, le arti liberali, i principi cosmici e le virtù cristiane).
Esaminando a fondo questi due mazzi di carte, non possono essere definiti tarocchi, in quanto mancano completamente le carte di semi e i soggetti, pur riconoscendo in alcune di queste carte delle somiglianze iconografiche con quelle dei tarocchi tradizionali, restano comunque diversi.
Seppur ignorando ancora l’uso che che di queste carte se ne faceva, parrebbe che queste fossero state un’opera didattica e istruttiva.
I tarocchi di Marsiglia
La loro denominazione deriva dal fatto che la città francese ebbe, per lungo tempo a partire dal XVIII secolo, il monopolio della produzione di
questo tipo di carte pur non avendole inventate.
Lo stile delle carte a semi italiani fa propendere per l’origine latina di questo tipo di mazzo, probabilmente diffusosi dalla Lombardia in territorio francese.
Uno dei modelli arrivati fino a noi e più conosciuti dei tarocchi di Marsiglia, fu realizzato dal francese Claude Burdel nel 1751. Questi li aveva incisi su delle tavole di legno.
Le figure rappresentate dal Burdel sono intere, gli abiti, seppur estremamente stilizzati, sono rinascimentali, sono contrassegnate da numeri romani e i loro nomi sono scritti in un francese sgrammaticato.
Il mazzo fu poi rielaborato correttamente dal francese Grimaud, e ristampato nel XIX secolo.
I tarocchi di Besançon
Come per Marsiglia, anche i tarocchi a semi italiani realizzati a Besançon non sono originari della città. Il mazzo più antico rinvenuto nella
cittadina francese risale al 1746, del quale si conoscono sia il fabbricante, Nicolas Laudier, che l’incisore, Pierre Isnard.
La peculiarità di questi tarocchi sta nella rappresentazione di alcuni Trionfi come il II, la Papessa, diventata Giunone, e il V, il Papa, trasformato in Giove tonante.
Le Minchiate fiorentine
Questo curioso quanto simpatico mazzo di carte fece la sua prima comparsa a Firenze, era composto da 97 carte e fu, probabilmente, chiamato così per la plausibile attinenza al membro maschile, ma anche per indicare che il gioco di carte non era da prendersi sul serio.
Le Minchiate sono una “simpatica” variante, completamente stravolta, del tarocco tradizionale. Ebbe le sue maggiori fortune nell’Italia centro settentrionale, ma nonostante ciò venne gradualmente abbandonato.
Andando ad analizzare la composizione delle 97 carte ne scaturisce la seguente configurazione: abbiamo le prime trentacinque carte, dette Papi, alle quali seguono cinque carte chiamate Arie: la Stella, la Luna, il Sole, il Mondo e il Giudizio finale detto Le trombe. I semi sono Denari, Coppe, Bastoni, Spade. Gli onori sono detti Cartiglia e sono rappresentati da dei centauri al posto dei cavalieri. Tra le altre carte mancano la Papessa e il Papa, mentre sono stati aggiunti il Granduca, le quattro Virtù Cardinali, le tre Teologali, i quattro Elementi, i dodici Segni zodiacali.
Il tarocchino bolognese
Bologna è stato una delle città dove il gioco aveva avuto più seguito, nonostante non sia stato rivenuto alcun mazzo completo prima del XVII secolo. Il nome tarocchino deriva dal fatto che il mazzo dei tarocchi era stato ridotto a 62 carte. I tagli erano relativi alle carte numerali, ad esclusione degli Assi.
Il tarocchino bolognese fu opera di un artista bolognese fantasioso e versatile, Giuseppe Maria Mitelli (1634 – 1718), che tra il 1663 e il 1669 incise un libro sui tarocchini dedicato a Prospero Bentivoglio.
La particolarità di questi tarocchi era che il giocatore doveva tagliare le carte dai fogli del libro e incollarle da se, per realizzare il suo mazzo di carte.
L’artista rivisitò il classico mazzo dei tarocchi e lo fece eliminando la figura della Papessa e ridisegnando i Trionfi, trasformando così l’Appeso in un uomo condannato alla pena capitale che aspetta che il boia gli fracassi il cranio con un martello; la Stella diventa un mendicante che avanza nella notte con una lanterna; la Luna e il Sole diventano Artemide e Apollo, il mondo viene rivisitato diventando un globo sorretto da un enorme Atlante.
Anche le carte numerali vengono rivisitate fantasiosamente dal Mitelli, infine, l’Asso di denari viene rappresentato da un suo autoritratto con sotto la firma.
In una data non precisata della seconda metà del Settecento, il tarocchino fu uno dei primi mazzi che suddivise le figure in due metà speculari.
Il tarocco Piemontese
Grazie alla sua vicinanza alla Francia, ma forse anche per influenza dell’Italia settentrionale, il Piemonte conobbe e usò ben presto i tarocchi, che sono ancora oggi uno dei pochissimi mazzi di questo genere in produzione.
Intorno al 1830 una famiglia di Torino, i Vergnano, avviarono la produzione di un nuovo modello, oggi definito “Tarocco piemontese”, simile ai Tarocchi cosiddetti “di Marsiglia.
I Tarocchi di Vergnano si distinguono da quelli di Marsiglia per lo stile e per il contenuto di alcune carte, in particolare per il Matto, vestito con i pantaloni a sbuffo, che insegue una farfalla; per il Bagatto, che ha sul tavolo gli strumenti del calzolaio; per il Diavolo, che ha un muso di felino che spunta dall’addome; per il Giudizio, detto Angelo, dove i morti emergono dalle fiamme, collegandosi con l’iconografia popolare delle anime del Purgatorio; per l’Asso di Coppe, un vaso colmo di fiori e frutti.
Altra caratteristica che differenzia il tarocco Piemontese da quello “marsigliese” è l’uso dei numeri arabi al posto di quelli romani.
Nella seconda metà di quel secolo, sulla base del mazzo di Vergnano fu introdotto il modello a due teste, senza dubbio utile ai giocatori che non dovevano girare le carte ogni volta che si presentavano rovesciate.
Tarocchi | L’interpretazione dei tarocchi | Cartomanzia
I Tarocchi e la cartomante in genere non sono altro che l’eredità lasciataci dalla sopravvivenza del mito greco della sacerdotessa di Apollo, la Pizia, che nel santuario di Delfi, situato presso l’omphalos, l’«ombelico del mondo», dava i responsi.
Bisogna ricordare, infine, che i Tarocchi non sono solo un sistema con il quale prevedere il futuro ma anche un utile strumento per la conoscenza esoterica del sé che, a sua volta, permette al consultante di entrare in contatto con il suo inconscio, depositario di memorie antiche e potenti oltre che fonte inesauribile di conoscenza.
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Significato delle carte dei tarocchi
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